
Nel corso degli anni sono stati sperimentati diversi metodi per supercompensare il glicogeno muscolare prima di una gara di resistenza. Ognuno presenta dei vantaggi e dei difetti: la scelta dipenderà dall’esperienza dell’atleta, dalla severità della prova da sostenere e dal tempo a disposizione.
Il metodo classico, pur essendo efficace, è difficilmente applicabile e non privo di aspetti negativi.
Regime di ÄSTRAND – METODO CLASSICO. La preparazione alla gara inizia 7 giorni prima ed è divisa in due fasi. La prima fase prevede la deplezione delle riserve di glicogeno muscolare. Per i primi 4 giorni l’atleta deve sostenere allenamenti intensi (90 minuti ad intensità sub-massimale) interessando soprattutto i muscoli e le catene cinetiche principalmente utilizzati nella disciplina praticata. In questa fase la dieta deve prevedere un basso apporto di carboidrati ( ̴ 10% delle cal totali). Durante gli ultimi 3 giorni di preparazione, invece, (fase di ricarica di glicogeno) i carboidrati aumentano fino all’80-90%. L’allenamento, invece, deve essere decisamente moderato fino ad arrivare al completo riposo il giorno che precede la prova.
PRO e CONTRO. I livelli di supercompensazione sono alti e si mantegono per almeno 3 giorni. Questo metodo risulta, tuttavia, molto impopolare a causa della rigidità e della scarsa palatabilità. Durante la fase di deplezione, inoltre, può verificarsi una diminuzione della massa magra per eccessivo catabolismo delle proteine corporee. Durante la fase di ricarica, invece, c’è il rischio di assumere più peso di quanto si desideri. La quantità di glicogeno stoccabile è limitata. Oltre un certo limite il glicogeno viene trasformato in grasso corporeo. Il livello massimo è ovviamente soggettivo. L’aumento di peso è in parte dovuto anche alla ritenzione idrica: 1g di glicogeno lega ̴ 2,7 g di acqua. Ovviamente per un atleta un peso maggiore significa un maggior dispendio energetico. D’altro canto riserve idriche più elevate possono avvantaggiare chi debba gareggiare in località dal clima caldo torrido.
Esistono innumerevoli metodi di Carbon Load, ognuno con specifiche caratteristiche e con diversi gradi di severità.
Metodo SHERMAN/COSTILL – LINEA MORBIDA. Costituisce una diretta variazione del metodo precedente. Ha il vantaggio di essere meno stressante e, quindi, più popolare fra gli atleti. La fase di scarico è infatti meno drastica. Per i primi 2 giorni la dieta prevede il 45-50% di carboidrati rispetto alle calorie totali giornaliere. I rimanenti 5 giorni l’apporto di carboidrati sale al 75-80%. L’allenamento, invece, viene condotto al 70% della FCmax (i.e. Frequenza Cardiaca Massima) -quindi al di sotto della soglia anaerobica- per tutta la durata della preparazione. Ogni 2 giorni, mantenendo la stessa intensità, la durata delle sedute di allenamento viene dimezzata. Ad esempio: 90 minuti i primi 2 giorni, 45 minuti il 3° e il 4° giorno, 20 minuti 5° e 6° giorno. Il giorno prima della gara viene dedicato al riposo. La fase di scarico in effetti viene effettuata solo nei primi 2 giorni. È possibile in questo modo ottenere risultati altrettanto soddisfacenti intervenendo più gradualmente sulle abitudini dell’atleta. Arriverà alla gara meno stressato e con pingui riserve di glicogeno muscolare.
INNUMEREVOLI METODI di Carbon Load sono stati sperimentati nel corso degli anni, ognuno con specifiche caratteristiche. Ogni atleta, seguito dal proprio preparatore atletico e dal proprio nutrizionista, dovrebbe scegliere il metodo più conforme alle proprie necessità. Alcuni metodi differiscono semplicemente per severità del regime. Altri intervengono preferenzialmente su durata e intensità dell’allenamento. Altri ancora si focalizzano principalmente sulla dieta. Esistono anche dei metodi che offrono risultati accettabili in 1 sola giornata di preparazione. In questo modo la progressione di allenamento di un atleta non viene interrotta per troppo tempo.
È possibile infine affiancare una moderata integrazione. Esistono delle evidenze, infatti, secondo cui atleti che assumono creatina riescano ad immagazzinare più glicogeno rispetto a chi non ne utilizza.
Fonte: Sports and exercise nutrition. William McArdle et al. Lippincott – Williams & Wilkins ed.
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